STAGIONALITA’ DELL'
ALOPECIA AREATA
Poster - Trattamenti
Illustreremo solo il contenuto di alcuni
degli oltre 30 Poster presentati.
Molti studi erano dedicati ai modelli
animali, in particolare al topo C3H/HeJ. Sono stati trattati alcuni topi
alopecici con il dibutilestere dell' acido squarico (SADBE), un forte
allergizzante. La ricrescita dei peli era accompagnata da una forte
infiammazione del derma superficiale, con parallela riduzione dell' infiltrato
cellulare perifollicolare.
Il siero prelevato da questi animali
dimostrava la presenza iniziale di alte concentrazioni di autoanticorpi diretti
contro il follicolo pilifero, che si riducevano alla fine del trattamento.
A livello istologico, a protocollo
ultimato, il follicolo si presentava meno distrofico, con meno melanina dispersa
nel derma ed un miglior rapporto tra peli Anagen e Telogen. Comunque rimanevano
evidenti segni di danno follicolare, per cui il trattamento sensibilizzante con
SADBE è da considerare grossolano e poco selettivo nei confronti dei momenti
patogenetici dell' Alopecia.
Un altro studio ha utilizzato per il
trattamento dell' Alopecia dei ratti un farmaco immunosoppressivo, la
Levoflunomide, utilizzato nelle artriti autoimmuni per la sua capacità di
ridurre la citochina proinfiammatoria IL-2. I risultati sono stati incostanti,
con ratti che hanno avuto una buona ricrescita di peli ed altri con ricrescita
minima o nulla.
Un trattamento sperimentale fondato sull'
uso di un anticorpo monoclonale specifico per l' antigene CD44v10 è stato
utilizzato in topi alopecici. Si è visto che questo anticorpo riesce a bloccare
l' inizio e la progressione della malattia. La molecola CD44v10 ha
fisiologicamente il ruolo di permettere ai linfociti CD4 e CD8 attivati di
raggiungere i loro bersagli nel tessuto perivascolare. L' uso dell' anticorpo
monoclonale nell' uomo non è attualmente praticabile, ma l' esperimento
conferma il ruolo fondamentale dei linfociti CD4 e/o CD8 nel danneggiamento del
follicolo pilifero.
In uno studio a doppio cieco su 30 pazienti
volontari è stato utilizzato il Minoxidil al 5%:
1 ml applicato due volte al giorno per 12
settimane. Alla fine di questo periodo anche i pazienti che utilizzavano il
placebo sono stati messi in trattamento col Minoxidil per altre 36 settimane.
Dopo 12 settimane i pazienti trattati col farmaco non mostravano risultati
migliori di quelli trattati col placebo. Dopo 48 settimane 12 su 25 volontari
con alopecia in chiazze presentavano una evidente ricrescita. Scarsi i risultati
nei pazienti con Alopecia Totale. In due casi si è avuta irritazione cutanea o
ipertricosi del viso. La conclusione è che il Minoxildil al 5% può essere
utile nelle forme in chiazze limitate, ma non nelle forme estese.
I dermatologi clinici presenti al
precedente Worshop hanno risposto ad un questionario sui trattamenti da loro
utilizzati per l' Alopecia Areata. Il risultato è stato presentato in un Poster
al presente Congresso. In totale nel mondo vengono usati almeno 38 differenti
trattamenti, da soli o in combinazione. I più comuni sono le infiltrazioni di
steroidi intralesionali negli adulti ed i topici steroidei nei bambini. Il
trattamento con steroidi non segue né tempi, né dosi, né formulazioni
standardizzate. Le forme estese di Alopecia vengono trattate frequentemente con
gli allergeni da contatto: come il Difenciprone (47%-54%), Dibutilestere dell'
Acido Squarico (25%-31%) e Dinitroclorobenzene (15%-28%). Fino al 30% dei
bambini vengono trattati con questo tipo di immunoterapia, il 12% di questi
utilizzano il DNCB che è mutageno.
Un Poster si è occupato della terapia
dell' Alopecia Areata con Biotina (20 mg al giorno). Su 52 volontari, dopo tre
mesi, 2 bambini hanno visto una totale ricrescita, 3 adulti e 2 bambini hanno
visto una ricrescita del 50% dei capelli e altri 5 casi hanno ottenuto una
minima ricrescita. Se ne è tratta la conclusione che la risposta alla terapia
è stata troppo scarsa per differenziarsi dal decorso naturale della malattia e
che quindi una valutazione a tre mesi di trattamento non depone per una reale
efficacia dello stesso.
Poster - Genetica
Un lavoro si è indirizzato all'
individuazione del cromosoma in cui il gene di potenziale suscettibilità all'
Alopecia Areata del topo C3H/HeJ possa essere localizzato. In uno studio pilota
uno o più geni associati all' Alopecia e ad una alta produzione di
Immunoglobuline sono stati trovati nel cromosoma 6. Tale locus genetico sembra
implicato anche in patologie infiammatorie intestinali. Un altro Poster
riguardante pazienti affetti da Alopecia Areata identificava una regione simile
sul cromosoma 2. I ricercatori ritengono che la suscettibilità alla malattia
sia da ricollegare al polimorfismo dell' Interleuchina 1, controllato da questo
locus. Sembra quindi che il cromosoma murino 6 ( equivalente al cromosoma 2
umano ) sia un punto cruciale per spiegare l' infiammazione e la suscettibilità
alla malattia.
Un altro studio ha cercato di correlare l'
eterogeneità delle forme cliniche di alopecia con un' eventuale diversa
suscettibilità genetica. Si è scoperto che i pazienti con Alopecia in chiazze
hanno una suscettibilità familiare alla malattia più frequente dei soggetti
con Alopecia Totale o Universale. Una storia familiare è inoltre più frequente
nelle femmine rispetto ai maschi. L' associazione con altre malattie autoimmuni
è quasi esclusivamente limitata al sesso femminile. L' interessamento delle
unghie rende la prognosi più sfavorevole.
Poster - Patogenesi della malattia
Il dottor Daly ha riferito di un deficit
del CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide) nei pazienti affetti da Alopecia
Areata. Tale defit è stato confermato da un altro ricercatore che si è
interessato all' attività neurobiochimica dei follicoli piliferi colpiti dalla
malattia.
Un altro poster si è occupato dei
possibili disturbi tiroidei associati nel 37% dei casi di Alopecia, suggerendone
così lo screening.
CONCLUSIONI
Dal punto di vista accademico i ricercatori si stanno
concentrando sulla patogenesi autoimmunitaria dell' Alopecia Areata ( o su
ipotesi che possano esserne valide alternative). Nel II Workshop sull' Alopecia
Areata erano stati identificati gli autoanticorpi antifollicolo pilifero.
Quattro anni dopo, in questo III Workshop, si è visto che, pur conservando un
ruolo nella patogenesi della malattia, essi non sono probabilmente il primum
movens dell' autoaggressione. In effetti, negli animali per la comparsa della
malattia sono indispensabili le cellule infiammatorie, in particolare i
linfociti CD8 ed i linfociti CD4 helper per i CD8. Identificando precisamente
quale sottotipo CD8 sia patogeneticamente più importante, potrebbe essere
identificato l' antigene bersaglio dell' Alopecia Areata. Questa popolazione
linfocitaria, inoltre, dovrebbe diventare il target dei nuovi e più selettivi
interventi terapeutici.
La ricerca genetica comincia ad espandersi e progredire.
Nuove localizzazioni cromosomiche, al di fuori del sistema HLA, sono state
identificate come possibili residenze dei geni di suscettibilità alla malattia.
Queste ricerche sono a lunga scadenza, ma potrebbero finalmente chiarire chi sia
(ed anche come e perché) soggetto all' Alopecia Areata.
Dal punto di vista clinico emerge come l' Alopecia Areata non
sia una malattia omogenea. Le differenti forme di Alopecia implicano fattori
causali genetici ed ambientali diversi. Manifestazioni cliniche diverse
influenzano anche la prognosi. E' necessario mettere a punto cartelle cliniche
standardizzate per comparare i risultati provenienti dalle diverse fonti. Se ne
parlerà in futuro. Nel frattempo si sta lavorando ad una banca dati clinica e
del DNA centralizzata allo scopo di rendere più facili, accessibili ed omogenee
le ricerche cliniche e genetiche in questi pazienti.
La stagionalità >> [pag.1]
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