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L’ALOPECIA
AREATA: CENNI STORICI
(dr.ssa
Tiziana Di Prima)
Con immenso piacere ho raccolto l'invito del collega
d'Ovidio a trattare la «storia» dell'Alopecia Areata; storia
pro-fondamente legata a quella della medicina ed in
particolare al nascere della dermatologia quale arte
coltivata da medici e non (già da allora !), nel tentativo
di carpire, intuire, attraverso gli sfoghi della pelle, le
tribolazioni degli umori interni di ciascun individuo
Medici, addi-rittura specializzati in «malattie della testa»
(indicati dai Greci come iatroi kefalés) sono segnalati
nell'antico Egitto. A Tebe sono stati scoperti papiri medici
risalenti al 1550 a.C. nei quali vengono descritte malattie
della pelle identificabili con suf-ficiente attendibilità e
fra queste si descrive già l'Alopecia areata. Il primo ad
adoperare il termine «alopecia» fu il grande Ippocrate, nato
a Coo intorno al 450 a.C. A lui, peraltro, si deve la gran
parte della terminologia dermatologica tuttora adottata (ectima,
lichen, psoriasi, esantemi, ecc...). Conoscitore dell'opera
di Ippocrate e suo degno successore, fu Aulo Cornelio Celso,
che prestava la sua opera di medico a Roma negli anni a
cavallo della nascita di Cristo. Celso fu autore di un
trattato, il «De Re Medica», di capitale importanza per la
medicina in generale e per la dermatologia in particolare,
nei cui libri IV e V viene descritta l'alopecia areata, con
la varietà ofiasica e viene già distinta dal defluvio. Seguì
una battuta d'ar-resto poiché la medicina del Medio Evo non
conobbe l’opera di Celso. Bisogna risalire al Rinascimento
per ritrovare le tracce dell’Alopecia areata o area di
Celso, come veniva chiamata all'e-poca. Fu Nicolò V, Papa
dal 1471 al 1484, a rispolverare e divulgare il «De Re
Medica». In quegli anni un famoso dermatologo di Ferrara,
tale Giovanni Mainardi, cultore in special modo delle
malattie del cuoio capelluto, tenne a sot-tolineare la
differenza tra l'area celsi, vera malattia, e l'alopecia
«volgare» (la nostra alopecia androgenetica) nella quale i
capelli cadono, scrisse il Mainardi, probabilmente per
scarsezza di «umori». A metà del 1600 nasce il microscopio e
Marcello Malpighi fu il primo a studiare la pelle con questo
nuovo strumento. Negli anni successivi Lui ed altri
cercarono di carpire il segreto delle malattie
dermatologiche analizzando capelli, squame, forfore. Nel
1840 si verifica in Francia una epidemia scolastica di
perdita di capelli a chiazze. La malattia venne descritta
dal dermatologo Cazenave che la chiamò: «herpes tonsurans
capilliti». Fu David Gruby, ungherese, di stanza a Parigi e
fanatico microscopista a descrivere le spore di un fungo (il
microsporum) in questa particolare forma di alopecia. Si
trattava di una epidemia di tigna microsporica (cioè di un
infezione provocata da un fungo, il microsporum appunto, che
si manifesta con perdita di capelli a grandi chiazze
circolari), ancora sconosciuta in Europa e verosimilmente
im-portata dalle colonie francesi del sud-est asiatico dove
la malattia era endemica (cioè presente e conosciuta da
tempo) dai figli degli amministratori e dei diplomatici.
Cosa c'entra l'alopecia arcata in tutto ciò? Nel descrivere
il fungo, il Gruby, con una frase infelice, collegò
l'epidemia di herpes tonsurans con «una certa varietà
decalvante detta area di Celso». Ancora nei primi anni del
1800 l'alopecia areata stenta ad avere una ben precisa
collocazione. Nel «Trattato compiuto delle malattie della
pelle » scritto dal Barone Alibert, allora medico in capo
del parigino ospedale di San Luigi, e tradotto in italiano
nel 1835, si fa cenno all'alopecia areata nel capitolo delle
dermatosi tignose cioè: «di quelle eruzioni aventi per
special sede il derma capelluto» con riferimento alle
porrigini, cioè alle infiammazioni del cuoio capelluto con o
senza perdita di capelli. La varietà con perdita di capelli
prende il nome di porrigo tonsoria o decalvante. Nel
descrivere questa forma. L'autore crea una certa confusione
poiché da un lato sottolinea la presenza di numerosi casi
negli ospizi e in molti collegi di Parigi (la famosa
epidemia di tigna microsporica) e aggiunge che forse Celso
abbia voluto comprendere queste (le porrigini tonsorie) in
un genere da esso creato col nome di area. Dall'altra lo
stesso Alibert, nel descrivere l'area celsi, paragona il
cuoio capelluto dei pazienti a terreni sterili simili alle
lande (pianura prevalentemente sabbiosa con scarsa
vegetazione) dove non può crescere nulla, conseguenza di
qualche malattia linfatica o l'effetto di una certa
nutrizione anormale. E' necessario ulteriormente
sottolineare che a quell'epoca, la spinta all'osservazione
microscopica porta tutti a trovare, a torto o a ragione,
funghi dappertutto e non solo nell'alopecia areata. Il fungo
considerato causa, a torto, dell'alopecia areata non é altro
che il Pityrosporon, agente causale della pitiriasi
versicolor. Ma affinché si chiarisca tutto ciò è necessario
arrivare ai primi anni del 1900. Il fatto di aver dimostrato
in modo inequivocabile, la natura non infettiva della
malattia, non apporta certo elementi di chiarimento. In
tutti i trattati di dermatologia degli anni 40 e 50 si fa
riferimento in tema di patogenesi, ad un ipotetico spasmo
(restringimento) dei vasi sanguigni nelle zone colpite dalla
perdita dei capelli, associato a fattori generali quali
disfunzioni della tiroide o dell'ipofisi o delle ghiandole
genitali o del timo. Secondo un illustre dermatologo
dell'epoca, un buon numero di casi, specialmente quelli più
gravi, potevano essere la risultante di una pregressa
sifilide congenita. Negli anni 60, le conoscenze in campo
immunologico ci offrono una nuova e più circostanziata
chiave di lettura di tante malattie, alopecia areata
compresa, ma questa é un'altra storia.
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