STAGIONALITA’ DELL' ALOPECIA AREATA

L'esperienza clinica dimostra che molte forme severe di alopecia areata presentano un'evoluzione cronico-recidivante. In questo studio abbiamo voluto verificare se i pazienti con alopecia areata vadano incontro a fenomeni di defluvium stagionale. A questo scopo abbiamo valutato 100 pazienti (41 femmine e 59 maschi, età 3-62 anni) tutti affetti da forme gravi/re L'esperienza clinica dimostra che molte forme severe di alopecia areata presentano un'evoluzione cronico-recidivante. In questo studio abbiamo voluto verificare se i pazienti con alopecia areata incontro a fenomeni di defluvium stagionale. A questo scopo abbiamo valutato 100 pazienti (41 femmine e 59 maschi, età 3-62 anni) tutti affetti da forme gravi/recidivanti: 90% ofiasi, alopecia sub-totale e sub-universale. Per convenzione abbiamo preso in considerazione soltanto le ultime tre recidive, confermate personalmente all' esame clinico. I nostri pazienti presentano nel 43% dei casi familiarità per alopecia areata, nel 44% atopia cutanea e/o respiratoria, nel 14% autoanticorpi organo-specifici. L'analisi statistica della frequenza annuale delle recidive nei 100 pazienti da noi studiati conferma il dato della ciclicità stagionale, con riacutizzazioni più numerose nei mesi di febbraio-marzo e scarse nei mesi di luglio-agosto, indipendentemente dalla coesistenza di patologie atopiche. La relativa riduzione delle recidive nel periodo estivo potrebbe essere interpretata come effetto dell' immunosoppressione aspecifica provocata da una prolungata esposizione solare, o da una riduzione stagionale dei possibili fattori scatenanti (crisi allergiche, infezioni, stress psichici), o con l'ipotesi di autoantigeni che siano meno espressi in estate e maggiormente nel periodo invernale, come ad esempio potrebbero essere i markers di crescita e/o differenziazione delle cellule del follicolo pilifero.

Riassunto di "Recidive stagionali nell’alopecia areata" (R.d’Ovidio,F.d’Ovidio–Giornale Italiano di Dermatologia,1995;130,295)

Rapporto dal III Workshop Internazionale sull’Alopecia Areata

Washington il 5 novembre 1998

Il dottor Kevin J. McElwee ci ha gentilmente concesso di tradurre il suo commento sul III Workshop Internazionale che si è tenuto a Washington il 5 novembre 1998 (il testo originale è rintracciabile presso il sito http://www.keratin.com/ad/ad010.shtml). La conferenza è stata organizzata congiuntamente dalla National Alopecia Areata Foundation e dal National Institute of Arthritis and Musculoskeletal and Skin Diseases. L' intenzione era quella di riunire ricercatori e medici clinici coinvolti nello studio e nel trattamento di questa malattia per discutere i progressi nella comprensione delle sue cause. Hanno partecipato al workshop circa 250 studiosi e questo ha segnato un progresso rispetto alla riunione di quattro anni prima, grazie anche all' arrivo di numerosi congressisti da tutto il resto del mondo per il contemporaneo svolgimento del II Meeting Internazionale delle Hair Research Societies.I lavori erano organizzati in Seminari ed una presentazione di Poster. I riassunti ed i lavori della conferenza saranno pubblicati nel Journal of Investigative Dermatology.Qui di seguito daremo un breve riassunto del Workshop, suddiviso secondo i diversi argomenti di ricerca.

Modelli animali per l'Alopecia Areata

Il primo blocco di seminari era focalizzato sui possibili modelli animali per l'Alopecia Areata, che potrebbero fornire indicazioni cruciali sull' induzione e la patogenesi della malattia. I vantaggi dell'osservazione sull'animale in confronto a quella sull'uomo comprendono: una durata più breve della vita che permette una rapida valutazione degli esperimenti in cui l'età fisica ha la sua importanza; la possibilità di monitorare dall'inizio la progressione della malattia, fino alle fasi avanzate, potendo così studiare gli eventi sistemici che precedono l'aggravamento; la possibilità di studiare animali con identico corredo genetico (a differenza degli esseri umani), per potere identificare le predisposizioni genetiche alla malattia.

I modelli animali quindi consentiranno di studiare i fattori ambientali e genetici implicati nella patogenesi della malattia e lo sviluppo di nuovi e migliori protocolli terapeutici.

Alopecia Areata negli animali: nuove scoperte.

Circa quattro anni fa, in occasione di un precedente workshop sull'Alopecia Areata, venne scoperto un ceppo murino, il CH3/HeJ, che sviluppava nel 20% degli individui un alopecia in chiazze, non cicatriziale. Frequentemente l'alopecia si espande fino alla perdita di tutti i peli, con possibilità di remissione spontanea nel 3% dei topi. Gli animali non presentano nessun'altra patologia associata.

Sono stati poi scoperti altri ceppi murini interessabili dalla malattia, nonostante sia noto che l'Alopecia Areata è rara al di fuori della specie umana. Ci si aspetta risultati importanti nello studio della suscettibilità genetica all' AA, dato che c'è un 80% di omologia tra i geni della razza umana e quella murina.

E' molto interessante l'osservazione che l'Alopecia Areata sia trasmissibile (nel topo CH3/HeJ) da un individuo affetto ad un topo normale attraverso un innesto cutaneo. Dopo 8-10 settimane dal trapianto compaiono nel topo ricevente chiazze di Alopecia Areata. Questo modello sarà utile per capire ciò che precede la comparsa delle chiazze, soprattutto quali geni vengano attivati nella cute e nei follicoli piliferi prima della comparsa della malattia. Queste osservazioni inoltre indicano che la predisposizione genetica, pur necessaria, non è sufficiente a provocare la manifestazione clinica, che, per evidenziarsi, ha bisogno di altri fattori, probabilmente di origine ambientale.

I ricercatori hanno anche osservato che l' Alopecia può essere indotta estraendo le cellule infiammatorie dell'infiltrato perilesionale e trasferendole in topi normali, con la comparsa della malattia sempre dopo 8-10 settimane. Questo dimostra che le cellule infiammatorie sono capaci di indurre la comparsa delle chiazze, nonostante il follicolo pilifero normale sia una struttura immunologicamente protetta e privilegiata. Si può anche pensare di riuscire ad isolare ed identificare quale sia la cellula infiammatoria in grado di provocare la malattia e questo può avere importanti implicazioni dal punto di vista di terapie più specifiche ed indirizzate.

Alopecia Areata trasferita da linfociti T autologhi a trapianti di cuoio capelluto umano su topi "nudi" (SCID)

L' importanza delle cellule infiammatorie nella patogenesi dell' AA è stata confermata da ricerche condotte in Israele su innesti di cuoio capelluto umano affetto da Alopecia su topi immunodeficienti, in grado di accettare innesti anche da altre specie (topi "nudi"). Gli innesti trapiantati sulla cute di questi animali dopo qualche settimana davano origine a ciuffi di peli, dimostrando così che la malattia non è dovuta a problemi intrinseci del follicolo pilifero. Il trasferimento di cellule infiammatorie prelevate dal malato in questi innesti con ricrescita, determinava la caduta dei nuovi peli, specialmente quando il trasferimento era arricchito in linfociti T citotossici (CD8). Questa è la prima dimostrazione sperimentale della già sospettata indispensabilità dell' infiltrato infiammatorio per la formazione delle chiazze alopeciche. Inoltre rende meno cruciale il ruolo degli autoanticorpi diretti contro antigeni del follicolo pilifero, precedentemente ritrovati ed isolati sia nel topo che nell' uomo.

Alopecia Areata ed Universale nel pollo Smyth, modello animale per la vitiligine spontanea autoimmune

Il terzo seminario si è interessato di un nuovo potenziale modello per l' Alopecia Areata: il pollo Smyth. Alcuni di questi esemplari vanno incontro, nell' età che corrisponde alla nostra pubertà, ad una perdita progressiva del pigmento del piumaggio. Questo fenomeno è dovuto ad una infiammazione senza esiti cicatriziali, simile alla nostra vitiligine. Alcuni di questi polli, accanto allo sbiancamento delle piume, presentano aree di cute glabra, con chiazze alopeciche che tendono a confluire fino , talvolta, alla forma Universale. Questo nuovo modello animale potrà essere utile per lo studio di altri geni che regolano la suscettibilità alla Alopecia Areata e per la correlazione tra Alopecia e disordini della pigmentazione (vitiligine), già osservata nell' uomo.

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