La 13ª giornata
Appulo- Lucana di
Dermatologia
Clinica
che ha visto
la partecipazione
di molti
dermatologi
ospedalieri
e ambulatoriali,
si è
tenuta
a Bari
lo scorso
1° Dicembre
2012.
Molti
e interessanti
sono stati gli argomenti trattati
dagli
esperti
partecipanti.
L’intera
mattinata è stata dedicata alla Tricologia
e ha
avuto come coordinatore
il dottor
Roberto d’Ovidio.
Ha
aperto
i lavori
il prof.
A. Rossi che
ha sottolineato l’importanza di poter disporre di ambulatori
specializzati
nei quali la tecnologia affianchi la professionalità , mettendo
a disposizione attrezzature idonee per una diagnosi non
invasiva del cuoio capelluto.
La
raccolta di una attenta anamnesi
insieme
ad un
esame
clinico
accurato
del
cuoio capelluto
è molto
importante per una attenta valutazione del paziente tricologico.
L’esame in videodermatoscopia
,metodica di rapida esecuzione e non invasiva, inoltre,
rappresenta un
valido ausilio nella diagnosi
delle patologie
del
cuoio capelluto e dei capelli .
Contrariamente
a ciò che comunemente si pensa, il capello rappresenta solo
la porzione
esterna di un complesso organo: il follicolo pilosebaceo.
L’unità pilosebacea
è una struttura complessa e dinamica, sede di processi metabolici
biochimici ed immunologici.
Il
prof. C. Misciali dell’Università di Bologna ha messo
in evidenza gli aspetti istologici delle più frequenti malattie
dei capelli e la necessità che la biopsia
venga
eseguita
in un’area
significativa
e con
materiale sufficiente
sia
per le
sezioni
verticali
che orizzontali.
Tra
le alopecie
meritevoli
di questa
tecnica diagnostica includiamo
il lichen
planopilare,
il lupus
eritematoso
cronico,
la follicolite decalvante.
Partendo dalla
presentazione di alcuni interessanti casi clinici, la prof.ssa
E.M. Difonzo
ha disquisito su alcune malattie infiammatorie del
cuoio capelluto e sull’importanza per alcune di una attenta
diagnosi differenziale da parte dello specialista, non trascurando
le infezioni micotiche.
Tra le forme
infiammatorie del cuoio capelluto, si è soffermata su un
caso di Red Scalp disease ,un tempo considerata come danno
cronico da radiazioni ultraviolette ed oggi invece interpretata
come eritrosi del cuoio capelluto (rosacea);ha parlato della
dermatite seborroica, caratterizzata dalla presenza di squame
giallastre e untuose e si associa ad eritema del cuoio capelluto
con piccole formazioni crostose che spesso interessano il
margine frontale del capillizio e la parte alta della fronte
portando alla formazione della cosiddetta “corona seborroica
“e della psoriasi del cuoio capelluto,
che si presenta con chiazze rossastre coperte da
squame color bianco-argento e , a differenza della dermatite
seborroica, presenta una minore estensione oltre il margine
di inserzione dei capelli. Tra le altre forme infiammatorie
ha parlato della Tinea Capitis, tricomicosi causata da dermatofiti
delle specie trichophyton e microsporum, caratterizzata
da infiammazione follicolare con noduli purulenti e dolorosi
che esitano in alopecia cicatriziale ; della Perifolliculitis
Capitis Abscedens et Suffodiens affezione rara del cuoio
capelluto ad eziologia sconosciuta clinicamente caratterizzata
da formazione di noduli e ascessi comunicanti tra loro che
esitano in cicatrici cheloidee o atrofiche ; del lichen
plano-pilare, malattia infiammatoria che si manifesta al
cuoio capelluto con chiazze alopeciche che possono dar luogo
a quadri di alopecia cicatriziale. Una sua variante,l’Alopecia
Fibrosante Frontale, si osserva più tipicamente nelle donne
in periodo postmenopausale ed è caratterizzata
da una retrazione fronto-temporale del capillizio associata
ad eritema perifollicolare e sviluppo di una banda alopecica
asimmetrica. La pseudoarea di Brocq è un’ alopecia atrofico-cicatriziale
localizzata elettivamente al vertice, a lenta evoluzione
con chiazze di color avorio con possibilità di osservare
il segno dell’ ‘impronta dei passi nella neve” per atrofia
dermo-ipodermica e
con capelli alla periferia facilmente estraibili
con una leggera trazione. La sua etiologia è controversa
: secondo alcuni Autori rappresenterebbe lo stadio finale
di altre alopecie cicatriziali, come aveva prospettato Braun
Falco 20 anni fa, altri la considerano una entità autonoma.
Il lupus
eritematoso discoide, caratterizzato da chiazze prive di
capelli intensamente eritematose, ipercheratosi follicolare
e atrofia alle quali si associano desquamazione e teleangectasie
permanenti dei piccoli vasi superficiali cutanei. Il danno
secondo alcuni sarebbe primitivamente endoteliale.
L’acne cheloidea della nuca inizia con
la comparsa di elementi papulo-pustolosi centrati da uno
o più capelli o peli, a sottolineare l’impegno follicolare;
nel tempo le lesioni tendono a confluire formando placche
che esitano in cicatrici ipertrofiche.
Lla follicolite decalvante si contraddistingue per la presenza
di pustole follicolari. A causa del processo infiammatorio
più follicoli tendono a fondersi e i capelli “ a ciuffo
di bambola “ in numero superiore anche a 6 fuoriescono dallo
stesso ostio follicolare; l’epidermide nei pressi delle
aree cicatriziali presenta un aspetto dermatoscopico “ a
raggiera” con fulcro nell’ostio follicolare.
L’alopecia
areata, malattia piuttosto diffusa nella sua variante più
benigna in chiazze singole o multiple, può essere presa
a modello di studio per le malattie autoimmuni causate dai
linfociti T. Questo è stato l’argomento della relazione
della dott.ssa M. Bertolini, membro del dipartimento di
dermatologia dell’Università di
di un insigne studioso della biologia follicolare come è
Ralph Paus.
Un fattore importante che gioca un ruolo nella patogenesi
dell’Alopecia Areata è il cosiddetto ‘‘privilegio immunitario’’del
follicolo pilifero che proprio perché sito di immunoprivilegio,
non dovrebbe mai venire a contatto con il sistema immunitario.
Quando,per un evento qualsiasi, alcune cellule linfocitarie
T- che sono normalmente deputate alla sorveglianza immunitaria-
penetrano nei siti di immunoprivilegio, non riconoscendoli
come proprie strutture li aggrediscono e scatenano la malattia.
L’A.A. è determinata quindi dalla perdita del privilegio
immunologico
del follicolo pilifero.Gli studi condotti dai professori
Paus, Gilhar e McElwee hanno già dato dei contributi per
una maggiore conoscenza di questa patologia.
Gli stress emozionali , con il rilascio da parte
delle cellule nervose della sostanza
P (un neuromediatore) intorno al follicolo pilifero,
provocano una infiammazione che compromette l’equilibrio
immunologico perifollicolare, incrementando l’espressione
degli antigeni di istocompatibilità e la produzione di citochine
infiammatorie (interferon, IL2,IL6). Alla perdita del privilegio
immunitario contribuisce un altro gruppo di cellule: i mastociti,
che intervengono nella omeostasi immunologica perifollicolare
e nella regolazione del ciclo pilare. Ogni fattore che ne
determina l’attivazione, innesca una serie di reazioni con
il risultato di far entrare in contatto i
linfociti con i siti di privilegio
immunologico scatenando di conseguenza la malattia.
La dottoressa
Vincenzi, ha introdotto il tema dell’immunoterapia topica
dell’Alopecia Areata
che è ormai considerata da tutti una malattia autoimmune
mediata dai linfociti anche se non è stato ancora individuato
l’effettivo fattore eziologico della malattia e questo ha
condotto alla sperimentazione di schemi terapeutici “off
label”.
Le uniche terapie
che attualmente rispecchiano i criteri dell’Evidence
Based Medicine sono costituite dall’immunoterapia
topica -di cui esistono dati di sicurezza anche in ambito
pediatrico- e dalla
terapia steroidea topica (in occusiva) con steroidi
molto potenti ed intralesionale essenzialmente con Triamcinolone
Acetonide-possibilmente da evitare nei bambini-.
Nell’immunoterapia topica si utilizzano
sostanze dotate di elevata
capacità sensibilizzante che, applicate sul cuoio
capelluto affetto da alopecia,
sono in grado
di indurre ed elicitare una vera dermatite allergica da
contatto, le più utilizzate sono il Difenciprone ed il SADBE.
L’effetto terapeutico è legato alla immunostimolazione
locale che agirebbe attraverso un duplice meccanismo: da
un lato l’antigene sintetico agirebbe in senso competitivo
con l’antigene ancora sconosciuto che determina la malattia,
fornendo un bersaglio alternativo al sistema immunitario;
dall’altro una prolungata immunostimolazione determinerebbe
un aumento dei linfociti T suppressor/regolatori tale da
contrastare la reazione immunitaria diretta verso del follicolo.La
sensibilizzazione avviene tramite l’applicazione della sostanza
al 2% (in acetone) sul cuoio capelluto per 48 ore su una
superficie limitata e ricoperta con cerotto per le successive
24-48 ore. A distanza di 2-3 settimane si comincia l’applicazione
del preparato in un’area alopecica della testa a concentrazioni
tali da determinare localmente una lieve e tollerabile dermatite
da contatto.Le applicazioni sono effettuate generalmente
una volta a settimana e la reazione per essere efficace
deve durare al massimo 2-3 giorni. Tra i possibili effetti
collaterali ricordiamo una linfoadenopatia a livello cervicale
o occipitale (quasi obbligatoria) durante il trattamento,
una dermatite da contatto a distanza, una orticaria da contatto
ed alterazioni pigmentarie di tipo acromico o ipercromico.
Nella immuno terapia protratta si può sviluppare una tolleranza
immunitaria nei confronti della sostanza allergizzante.
Questo comporta l’utilizzo di concentrazioni sempre maggiori
dell’aptene e, talvolta, il passaggio ad un aptene alternativo.
Questo tipo di terapia dovrebbe essere protratto per almeno
6 mesi (almeno 18 mesi secondo la dott.ssa Vicenzi ed il
prof Shapiro) prima di poterne valutare definitivamente
l’efficacia.
L’efficacia dei corticosteroidi per via
topica è fondata sulla attività antiinfiammatoria e antiproliferativa.
I corticosteroidi vengono assorbiti solo in misura minima
per applicazioni sulla cute normale. L’occlusione con bendaggio
plastico favorisce un aumento fino a 10 volte dell’assorbimento
cutaneo.L’efficacia dei corticosteroidi topici nella alopecia
areata è ancora controversa, ma esperienze recenti però
con steroidi potenti in occlusiva in caso di alopecia areata
severa propendono per la loro efficacia. L’utilizzo di corticosteroidi
intralesionali ha determinato la ricrescita dei capelli
nella maggior parte dei pazienti sottoposti a questo trattamento.
Questo metodo si propone di portare una buona concentrazione
del farmaco opportunamente diluito direttamente nella
zona colpita dalla malattia limitando gli effetti collaterali
a livello sistemico. È preferibile trattare con questo metodo
ogni 15-30 giorni alopecie che non superino in estensione
il 50% del cuoio capelluto. Questa terapia si interrompe
entro 6 mesi se non si evidenzia una ricrescita accettabile.
È considerato un trattamento di prima scelta per l’alopecia
delle sopracciglia ove va però usato con cautela per la
rara possibilità di trombosi della vena retinica.
Nella sua relazione dal titolo “Aderenza
alla terapia ed efficacia del calcipotriolo-betametasone
gel”, la dott.ssa Saraceno ha evidenziato che
la terapia topica da sola viene generalmente usata
per il trattamento della psoriasi lieve-moderata del corpo
e del cuoio capelluto. I trattamenti topici vengono applicati
direttamente sulle zone affette sotto forma di unguenti,
creme, paste, lozioni e gel.
I pazienti che soffrono di psoriasi lieve-moderata
sono insoddisfatti per la gestione clinica della malattia
poiché i trattamenti topici comportano laboriose medicazioni,
che possono implicare la necessità di cospargersi di prodotti
dall’odore sgradevole, come il catrame, o di prodotti che
macchiano i vestiti. Il disagio psicologico del paziente
con psoriasi lieve-moderata è quindi aggravato dalla difficile
gestione del trattamento cosa che influisce negativamente
sull’aderenza alla terapia con evidenti ripercussioni negative
sulla sua efficacia e quindi sul decorso della malattia.
Le linee guida americane ed europee elencano diverse sostanze
per il trattamento topico.Tra questi, i corticosteroidi
potenti e molto potenti sono efficaci, ma dovrebbero essere
usati per cicli non molto prolungati, o in sequenza con
altri rimedi, dato che potrebbero causare eventi avversi.
L’associazione dei corticosteridi con analoghi della vitamina
D3 aumenta l’efficacia e accelera la risposta clinica
rispetto alla monoterapia e permette ,pertanto, di
risparmiare
l’uso dei corticosteroidi a lungo termine. Il calcipotriolo
e il betametasone
dipropionato agiscono in maniera sinergica attraverso
meccanismi d’azione diversi e complementari, da un lato
il calcipotriolo interviene nella regolazione dei processi
immunologici e rigenerativi dell’epidermide, si lega a recettori
cellulari e inibisce la proliferazione delle cellule dell’epidermide,
favorendone la naturale maturazione, dall’altro il betametasone
inibisce la produzione di citochine proinfiammatorie, riducendo
così l’infiammazione. Dopo settimane di trattamento con
questa associazione si verifica una riduzione del PASI di
circa il 75% ,contro il 61,3% dello steroide e il 55,3%
del calcipotriolo utilizzati singolarmente. Altro punto
di forza di questo trattamento è la monosomministrazione
giornaliera che garantisce una maggiore compliance da parte
del paziente e non grava ulteriormente sulla qualità della
vita. La combinazione in gel, inoltre, essendo cosmeticamente
più accettabile dell’unguento, aumenta considerevolmente
l’aderenza del paziente alla terapia contribuendo a raggiungere
un’efficacia clinica reale. Il prof. Rossi nel suo intervento
si è soffermato
sull’importanza dei “mimicking growth factors” per riequilibrare
l’orologio biologico del bulbo. I fattori di crescita rappresentano
una delle chiavi fondamentali del meccanismo di autoregolazione
cellulare e sono studiati nella medicina rigenerante come
nuova possibilità terapeutica in molteplici situazioni patologiche.
La regolazione delle fasi del bulbo del capello è
controllata da una serie di citochine che modulano l’attività
biologica del bulbo sin dal primo sviluppo fetale. Il termine
“fattore di crescita” si riferisce a proteine capaci di
stimolare la proliferazione e il differenziamento cellulare.
I fattori di crescita sono polipeptidi con p.m. da 5.000
a 50.000 Dalton simili agli ormoni, ma, a differenza di
quest’ultimi, la loro funzione è piuttosto locale e sono
difficilmente rintracciabili in forma libera nel circolo
sanguigno.
Sono stati descritti più di 30 fattori
di crescita che regolano la funzione del follicolo del capello
e che hanno capacità sia stimolante che inibitoria. Da anni
la scienza medica ha riconosciuto diversi componenti del
sangue che fanno parte del processo di guarigione naturale
e, se aggiunti ai tessuti feriti o siti chirurgici come
un concentrato, di avere il potenziale per accelerare la
guarigione. Le cellule dell’organismo umano più ricche di
fattori di crescita sono le piastrine, per cui è stato messo
a punto una metodologia per ricavare un plasma arricchito
di piastrine, denominata PRP (platelet-rich-plasma). Il
razionale della terapia deriva dalla liberazione massiccia
dei cosiddetti “fattori di crescita” liberati dalle piastrine
attivate che hanno la capacità di indurre la mitosi cellulare
agendo come un “catalizzatore biologico” sui diversi tipi
di cellule: fibroplasti, cellule mesenchimali, angioblasti,
osteoblasti, con il risultato finale di un’accelerazione
dei processi riparativi e favorendo la ricostruzione dei
tessuti. Probabilmente il meccanismo attraverso il quale
funzionano i fattori di crescita non è limitato alla stimolazione
delle cellule del follicolo ma prevede anche un ruolo delle
cellule del sistema immunitario situate intorno al follicolo.
Il Prof. Rossi ed il Prof. d’Ovidio hanno chiuso il corso
affrontando rispettivamente il problema della gestione della
calvizie maschile e femminile.
La terapia
della calvizie maschile può essere realizzata per via topica
e per via sistemica. La terapia topica prevede l’applicazione
locale di formulazioni a base di Minoxidil che ha un marcato
effetto vasodilatatore arteriolare dovuto alla sua proprietà
di aprire i canali intracellulari di potassio
a livello
delle cellule muscolari lisce delle arteriole periferiche.
L’apertura dei canali di potassio ridurrebbe la concentrazione
citoplasmatica del calcio prevenendo il fattore di crescita
epidermico (EGF) dall’inibire la formazione dei peli. Il
Minoxidil è anche in grado di incrementare la produzione
di una prostaglandina, la PGF2alfa, che possiede un’azione
trofica sul follicolo pilifero, al pari delle più recenti
proposte terapeutiche: il Latanoprost ed il Bimatoprost.
Sotto l’azione del Minoxidil i follicoli miniaturizzati
permangono in anagen per un periodo sempre più lungo, producendo
in cicli successivi peli sempre più simili ai capelli terminali
ed assumendo, infine, le caratteristiche di follicoli naturali.
Il Minoxidil è normalmente impiegato in soluzione alcolica
tra il 2% ed il 5% più o meno in associazione con altri
principi attivi.
Molto
promettente appare l’impiego di PRP nelle forme di alopecia
con aspetti infiammatori e si prevede l’introduzione a breve
sul mercato di nuove molecole.
La terapia
sistemica mira a correggere le alterazioni enzimatiche generalmente
determinate e prevede l’utilizzo di molecole che inibiscono
l’attività della 5 α reduttasi:
- Serenoa
repens
-
Finasteride
- Dutasteride
La finasteride, che somiglia alla molecola
del testosterone, è un inibitore competitivo della 5 α reduttasi
umana di tipo 2 e blocca la conversione del testosterone
ad diidrotestosterone nella cellula. Studi clinici hanno
dimostrato che la finasteride al dosaggio di 1mg/dì ha rallentato
la progressione della caduta ed ha incrementato la crescita
dei capelli. Funziona aumentando sia il numero che il peso
dei capelli in uomini affetti da alopecia androgenetica.La
somministrazione orale di finasteride 1mg die in uno studio
condotto a dieci anni ha condotto ad un aumento del diametro
del fusto del pelo in circa il 60% dei pazienti con alopecia
androgenetica maschile di grado lieve-moderato. L’azione
della finasteride si è dimostrata ancora più rilevante sul
processo di miniaturizzazione del fusto del pelo che viene
bloccato in circa il 90% dei pazienti. Da cui la necessità
di un intervento precoce nelle persone motivate.
L’alopecia androgenetica femminile è
caratterizzata da diradamento ed assottigliamento dei capelli
nella zona parietale con relativo risparmio della regione
temporale ed occipitale. Una variazione del diametro dei
capelli che interessa più del 20% delle regioni androgeno
dipendenti (anisotrichia) è diagnostica di alopecia androgenetica.
Ludwig divise l’alopecia androgenetica femminile in tre
gradi basati sulla densità dei capelli:
- con
pattern di diradamento simile a quello maschile con recessione bitemporale che si riscontra raramente nella donna giovane
e può rappresentare un segno di iperandrogenismo di origine
ovarica o surrenalica;
- centrale
diffusa con uniforme diradamento della sommità del capo
ed attaccatura frontale
normale;
- accentuazione
frontale, subito dietro l’attaccatura, tipica delle forme
iniziali di alopecia androgenetica femminile (variante più
conosciuta come di Olsen).
Un telogen effluvium cronico può simulare
una alopecia androgenetica quando provoca anche diradamento
centrale ed è possibile riscontrarlo contemporaneamente
all’androgenetica in un quarto dei casi. Per la diagnosi
differenziale sono molto importanti il reperto dermoscopico
che rivela una maggiore densità e spessore dei capelli della
regione occipitale nella alopecia androgenetica e la presenza
nel wash test di più del 10% di capelli inferiori a 3cm
di lunghezza che rivelano un processo di miniaturizzazione
in corso. Un 20% di casi di
telogen effluvium
cronico può sfociare -nei soggetti evidentemente geneticamente
predisposti- in una tipica alopecia androgenetica.
Dott.ssa Margherita Vessio
margheritavessio@yahoo.it